mercoledì 16 dicembre 2009

LE FAMIGLIE DAVANTI ALLA CRISI E IL RUOLO DELLA CHIESA: IL LIBRO DEL CARDINALE TETTAMANZI IL "VALORE" DEI SOLDI


Famiglia Cristiana del 24/5/09

di Dionigi card. Tettamanzi

Il brano pubblicato in queste pagine è tratto dal libro del cardinale Dionigi Tettamanzi Non c'è futuro senza solidarietà. La crisi economica e l'aiuto della Chiesa (San Paolo, 143 pagine, 14 euro). In libreria in questi giorni.


Riconoscere che questo difficile momento di crisi è stato generato e alimentato dalla volontà di rapido arricchimento basato su speculazione e scommessa finanziaria è già un buon punto di partenza. Perché soltanto riconoscendo questo dato di fatto, riusciremo a pensare a strumenti che ci permettano di uscire da una crisi lacerante.

Come, dunque, trovare strumenti che sappiano generare il benessere e il bene-stare delle persone e delle famiglie? Strumenti non ancorati alla "scommessa facile", ma che siano in grado di fornire solidità al sistema economico e finanziario, che garantiscano crescita e affidabilità, allo stesso tempo?

Mi permetto di suggerire qualche pista di riflessione e qualche indicazione concreta. E di lasciare qualche domanda, alla quale gli economisti potranno rispondere.

Certamente servono nuove regole per la finanza, che limitino gli eccessi della cupidigia speculativa, della facile ricchezza. Occorre che le strutture finanziarie assumano come obiettivo una serie di valori, anche non direttamente economici, ma che nell’assieme influenzino la realtà in cui tali strutture operano e, pertanto, influiscano sulla possibilità di vita e di successo delle stesse strutture. Si pensi, oltre ai valori morali che costituiscono l’argomento che mi è proprio, anche a quelli culturali, ambientali, sociali, in una proiezione che si imperni sulla centralità dell’uomo. E questa attenzione non come mera affermazione di principio, ma in modo concreto.

Mi pare che i meccanismi che governano oggi la finanza escludano o limitino pesantemente la crescita delle piccole imprese, delle cooperative sociali, spesso ritenute dal sistema del credito come soggetti ad alto rischio, senza considerare però il "valore sociale" di cui tali imprese sono portatrici.


Il cardinale Tettamanzi nel carcere di San Vittore (foto Ansa)

Sarà possibile allora pensare a un sistema che sostenga il credito per tali iniziative e ne incoraggi la ripresa e l’estendersi del modello?

Per l’impresa finanziaria, ciò potrebbe specificarsi, ad esempio, nel servire – senza parzialità e con condizioni il più possibile vantaggiose nei costi, nei tempi, nelle modalità – tutti i soggetti con cui il mercato finanziario interagisce. Sarà possibile pensare a un sistema del credito e del risparmio in cui il cliente conosce a fondo come sono impiegati i suoi depositi, i suoi soldi, i suoi risparmi, i suoi investimenti?

I problemi dei "non bancabili"

Dico questo anche alla luce del fatto che, di recente, al rischio della crisi finanziaria sono stati esposti anche molti fondi pensione, risparmi ordinari di cittadini comuni, soldi della pubblica amministrazione. C’è un altro dato preoccupante: in Italia il 16 per cento della popolazione "non è bancabile", cioè per diversi motivi non ha i requisiti necessari per ricevere un prestito, godere di un mutuo. E ai "non bancabili" (che, non dimentichiamolo, sono persone, madri e padri di famiglia, responsabili del sostentamento di altre persone) che risposte possono essere date? Perché non strutturare un sistema di microcredito che consenta loro di poter riavviare la loro vita, di renderla solida sul piano economico, affinché si possa guardare con serenità al futuro? In questo senso l’esperienza messa in campo da alcuni soggetti e dalle Caritas mi pare significativa. Piccoli prestiti per partire o ripartire, anche con garanzie limitate.

Certo, è compito dei tecnici, degli economisti, delle persone impegnate nella finanza elaborare nuovi modelli. Ma ci sono due "virtù" che, se vissute e praticate da tanti, ci aiuteranno a uscire dalla crisi, a contenerne gli effetti, ad alleviare le sofferenze che sta causando: sono la sobrietà e la solidarietà.

Devo qui aggiungere che la mia analisi sull’etica, e in termini più vasti l’intera proposta del magistero della Chiesa nell’ambito economico e finanziario, potrà sembrare a molti un discorso condivisibile sì, ma soltanto a livello teorico, e dunque inapplicabile negli affari, senza possibilità di effetti concreti. Sono invece convinto che non è così. E a dirlo sono i fatti.

Leggendo le pagine economiche dei giornali ho notato che alcuni prodotti finanziari – in questo periodo di pesante e generalizzato crollo delle Borse – hanno retto meglio di altri. Mi ha incuriosito, in particolare, il termine "portafogli etici". E ho scoperto che si tratta, ad esempio, di Fondi comuni di investimento, di strumenti finanziari che negoziano titoli di aziende sensibili ai temi propriamente etici.

Quei comportamenti virtuosi

In questi "portafogli" sono ammessi solo i titoli che fanno riferimento a Governi e ad aziende virtuosi, attenti alle tematiche ambientali, al sociale. E trovo molto interessante che questa attenzione si riveli anche redditizia, oltre che doverosa. È un segno della bontà della proposta etica il fatto che addirittura sia più remunerativo curarsene anziché trascurarla. Mi chiedo: da dove viene questo guadagno? Dal fatto che i dirigenti delle aziende che operano secondo i princìpi etici riducono il rischio di scandali, di sanzioni per reati ambientali o spese legali per dirimere conflitti con i dipendenti, i fornitori o i collaboratori. E in tempo di crisi questi comportamenti, mentre permettono di contenere le perdite nell’immediato, possono tradursi nel medio termine addirittura in buoni profitti. Sono alcuni degli stessi operatori del settore finanziario a riconoscere che l’investimento "etico" avrà nel futuro sempre migliori opportunità di rendimento, aumentando così la sua quota di mercato.

Una via promettente e redditizia

Interessanti sono i criteri etici secondo cui questi operatori fanno la valutazione nel comporre i loro "portafogli" mirati: in un fondo etico non trovano spazio le società coinvolte in affari controversi, come la fabbricazione e la commercializzazione di tabacco, alcolici, armi, prodotti lesivi alla salute, materiale pornografico. Sono poi escluse anche le imprese che sfruttano il lavoro minorile, violano i diritti umani, seviziano gli animali, non rispettano l’ambiente con emissioni inquinanti, praticano il disboscamento selvaggio, traggono profitti con il gioco d’azzardo.

E la "via etica" è promettente e redditizia non solo per gli investimenti azionari nelle aziende private: alcune società finanziarie investono con questo stile anche nei titoli di Stato, attenti a evitare tutti quei Paesi dove – ad esempio – è ancora in vigore la pena di morte, sono in corso conflitti bellici, l’amministrazione pubblica è corrotta, non c’è sufficiente libertà di stampa, è alto il tasso di illegalità. È da rilevarsi ancora la particolare attenzione che viene prestata anche ai parametri di verifica del grado di tutela e di rispetto del patrimonio ambientale: le emissioni inquinanti, la produzione di energia da fonti rinnovabili, la gestione dei rifiuti.

Certo, rispetto alla totalità dei titoli finanziari trattati ogni giorno nel mondo, questi criteri etici sono applicati in una percentuale fortemente minoritaria.

Ma il binomio dell’investimento "sostenibile" e "responsabile" può veramente rappresentare un volano per il rilancio dell’economia, per il ritorno al guadagno da parte degli investitori e per poter contare su un’economia fondata su basi più solide, in grado di portare benefici duraturi a tutti.

Sono convinto che l’uscire dall’attuale crisi è questione non solo di nuove regole per l’economia in vista di modelli e sistemi realmente rinnovati, ma anche e innanzitutto di "stili di vita": di una vita plasmata dalla sobrietà e dalla solidarietà. Non nel senso che sobrietà e solidarietà debbano essere pensate come semplici "rimedi", magari efficaci ma transitori, in attesa di potervi prossimamente rinunciare! Esse, viceversa, sono le colonne portanti per una vita che già qui, nel tempo e su questa nostra terra, può trovare il proprio equilibrio e la propria felicità, in armonica relazione con sé, con gli altri, con il mondo, con il suo Creatore! Sono proposte in ordine a una vita, personale, familiare e sociale, qualitativamente migliore, non in qualche modo "attenuata" o sminuita!

Con "stili di vita" ispirati a sobrietà e solidarietà in vista di un’economia più giusta ed equa intendo, in breve, una serie di atteggiamenti profondi, da acquisire specialmente mediante i processi educativi, in grado di originare "modelli di vita" rinnovati, con le loro inevitabili ricadute sui "sistemi di vita", quelli che poi strutturano l’intera vita economico-sociale. Stili e scelte di vita che, per un cristiano, rappresentano forme di autentica carità e altrettante occasioni di testimonianza evangelica.

Il rispetto della legge

Coniugare sobrietà e solidarietà significa anzitutto un rinnovato rispetto della legalità. Occorre una mentalità, una cultura che veda nella legge, cioè in questa prima e insostituibile "misura" delle azioni comuni, non un ostacolo o un limite da oltrepassare a proprio piacimento, ma la guida per un agire sociale ordinato al bene di tutti. Non si tratta di educare a un’osservanza soltanto esteriore, formale della norma giuridica, ma a una responsabilità che faccia comprendere che il primo modo per dare il proprio contributo al bene comune, per dare rilievo all’altro considerato nell’ambito dell’intera società, è proprio osservare le leggi che, fino a che non entrino in contrasto con l’ordine morale, vanno osservate. Anche quelle in materia economica e fiscale. Senza un’appropriata cultura della legalità, infatti, nessun sistema economico né società democratica possono sussistere.

Questi "stili di vita" improntati a sobrietà e solidarietà riguardano realtà che vanno dalla famiglia al lavoro, dalla salvaguardia del creato alle scelte improntate a minor spreco di risorse, dalla ricerca di modalità di consumo e di sviluppo compatibili con l’attuale situazione economica e sociale a una rinnovata proposta educativa che susciti vera attenzione alla società e ai suoi obiettivi autentici. Una società che si muove a grandi passi verso una globalizzazione che, osiamo sperarlo, si orienti sempre più verso un mondo più solidale. Già, fra le tante modalità fin qui assunte dalla globalizzazione, perché non deciderci a globalizzare con più convinzione e costanza la sobrietà e la solidarietà?


Dionigi card. Tettamanzi