domenica 28 febbraio 2010

La civiltà dell'economia


26/02/2010


immagine evento
Esiste un'economia incivile? Forse sì, se ci si basa sulla diffusione che ha avuto in questi anni l'espressione economia civile. Con essa si prova a rimettere il lavoro, e la sua etica, al centro del discorso economico. Da troppo tempo la scienza finanziaria sembra essere una disciplina senza idee, incapace di superare le logiche del capitalismo e di arginare una crisi che, nel mettere in ginocchio il mondo occidentale, evidenzia la necessità di ripensare le sue logiche. Tra gli obiettivi dell'economia civile anche quella di trovare una collocazione solida, non occasionale, alle pratiche del dono, del microcredito e del no-profit: da esse nasce quello che i nuovi economisti chiamano il valore di legame, categoria che si aggiunge al valore d'uso e a quello si scambio. Sarà questa terza via a aprire nuove prospettive alla scienza economica? Fahrenheit lo chiede a Stefano Zamagni e a Maria Gabriella Baldarelli. Il primo ha curato e la seconda ha contribuito al comitato editoriale del Dizionario di economia civile, in uscita per Città Nuova e presentato oggi pomeriggio a Roma.



domenica 21 febbraio 2010

Fino a quando sarà così?

... Ha solo continuato a parlar della vita che è una partita e via discorrendo. Lei sa bene. 
- La vita è una partita, Figliolo. La vita è una partita che si gioca secondo le regole.
- Sí, professore. Lo so, Questo lo so. Partita un accidente. Una partita. È una partita se stai dalla parte dove ci sono i grossi calibri, tante grazie - e chi lo nega. Ma se stai dall'altra parte, dove di grossi calibri non ce n'è nemmeno mezzo, allora che accidente di partita è? 
Niente, non si gioca.
...
da Il giovane Holden di J. D. Salinger

giovedì 18 febbraio 2010

L'abisso morale del Paese


Editoriali La stampa.it
18/2/2010 -

di LUCA RICOLFI
Non sono giorni allegri quelli che stiamo vivendo. Prima arresti e denunce di uomini politici, di destra e di sinistra, per episodi di corruzione e malgoverno. Poi il crollo del mito Bertolaso, travolto dallo scandalo della Protezione civile. Infine, giusto ieri - 18° anniversario di Mani Pulite - la Corte dei conti rivela l'esplosione, fra il 2008 e il 2009, delle denunce per fatti di corruzione, concussione, abuso d'ufficio.

Qualcuno si comincia a chiedere se non siamo per caso di fronte a una Tangentopoli 2, un nuovo tsunami giudiziario destinato a travolgere la politica come nel 1992.

In questa situazione la tentazione di prendersela con il ceto politico e contrapporgli le virtù della società civile è molto forte, e ha fatto bene Ernesto Galli della Loggia ieri a ricordarci, dalle colonne del Corriere della Sera, che è la società italiana a essere marcia. Non solo perché per certi reati, come la corruzione e la concussione, bisogna essere in due, il politico e l'imprenditore, ed è quindi puerile addossare tutte le colpe a uno soltanto dei «mariuoli», come li chiamava Craxi. Ma perché sono innumerevoli i settori della vita sociale in cui le più elementari regole del vivere civile - non evadere le tasse, promuovere i migliori - sono sistematicamente violate senza che la politica c'entri minimamente. Il professore che trucca un concorso, il commerciante che non emette lo scontrino, l'imprenditore che fa lavorare in nero i suoi operai non sono vittime della politica ma, semmai, beneficiari della sua assenza.

E tuttavia, se vogliamo che qualcosa cambi, non possiamo limitarci a guardare con costernazione all'abisso morale in cui è precipitata la vita del nostro Paese. Non possiamo continuare a contare soltanto su un sussulto delle coscienze, su un moto di indignazione, su una rigenerazione dello spirito civico troppe volte invocata e sempre mancata. Forse dobbiamo cominciare anche, più prosaicamente, a ragionare in termini di vincoli e di incentivi, come fanno (giustamente) gli economisti. Pensare che il problema si riduca a scegliere bene i candidati, a selezionare le persone giuste, a cacciare i disonesti, a mio parere è un po’ ingenuo (chi garantisce che l'allenatore scelga i giocatori giusti? e chi è l'allenatore?). Ben più importante sarebbe chiedersi quali sono i meccanismi che con tanta e crescente frequenza generano i comportamenti di cui l'opinione pubblica è ciclicamente chiamata a scandalizzarsi. Perché se identifichiamo i meccanismi possiamo provare a cambiarli. E un politico che ha la convenienza ad amministrare bene dà più garanzie di un politico che ostenta o promette moralità.

Per quel che riesco a capire, direi che questi meccanismi sono almeno tre. Il primo, ben descritto da Cesare Salvi e Massimo Villone in un loro libro di qualche anno fa (Il costo della democrazia, Mondadori 2005), è il complesso di norme e di strumenti con cui, dopo Tangentopoli, i politici - anziché riformare la politica - si sono assicurati la possibilità di continuare a rubare e sistemare clienti, spesso in perfetta legalità. Ad esempio le cosiddette «società miste», perlopiù figlie delle vecchie aziende municipalizzate, che per molti politici sono diventate un vero e proprio «personal business» (cito Cesare Salvi), terreni di caccia privilegiati in cui essi possono spartirsi poltrone, gettoni, assunzioni, commesse.

Il secondo meccanismo è la rinuncia, prima da parte del governo Prodi, poi da parte del governo Berlusconi, a varare una riforma incisiva dei servizi pubblici locali, basata su gare trasparenti e aperte anziché su affidamenti a trattativa privata (ricordate la fine ingloriosa del disegno di legge Lanzillotta, vanificato dal governo di centro-sinistra di cui essa stessa faceva parte? e gli interventi della Lega per annacquare la riforma dei servizi pubblici locali del centro-destra?).

Ma forse il meccanismo più importante è un altro ancora: la crescita costante, inesorabile, dell'interposizione pubblica, ossia dell'attività di intermediazione dello Stato e degli Enti territoriali (Regioni, Province, Comuni), che giusto nell'anno appena trascorso ha toccato il massimo storico, con un'accelerazione senza precedenti (sarà anche per questo che, proprio nel 2009, sono esplose le denunce di corruzione, concussione, abuso d'ufficio?). Questo meccanismo è il più importante non solo perché sono ormai molti milioni - e crescono ogni anno di numero - gli italiani le cui opportunità di guadagno e carriera dipendono pesantemente da decisioni discrezionali di funzionari, dirigenti e amministratori pubblici, ma perché è questo il vero costo che la politica, spesso con la piena ed entusiastica complicità dei cittadini, impone al sistema Italia. Una stima prudente degli sprechi nella Pubblica Amministrazione - sanità, scuola, università, giustizia, burocrazia, assistenza (falsi invalidi) - suggerisce che essi siano pari ad almeno 80 miliardi di euro l'anno, qualcosa come cinque o sei Finanziarie. E tutto fa pensare che una frazione molto consistente di questa enorme voragine sia prodotta, più che dall'ampiezza dell'interposizione pubblica (un flusso di 1500 miliardi l'anno, fra entrate ed uscite), dal fatto che troppe decisioni di spesa non sono governate da regole automatiche e meccanismi trasparenti, bensì da tortuosi processi nei quali il negoziato, l'influenza personale, i rapporti di conoscenza diventano le variabili decisive.

E' stato valutato che i costi diretti della politica, fra eletti, portaborse e consulenti, si aggirino intorno ai 4-5 miliardi l'anno: tanti, certamente, ma una goccia nel mare degli sprechi che la discrezionalità della politica produce ogni anno in tutti i campi in cui ha un ruolo decisivo. E' questo mare che dovremmo innanzitutto cercare di prosciugare. E per prosciugarlo, forse, creare regole e incentivi funzionanti può essere più importante che esortare il mondo politico a ritrovare la moralità perduta, ammesso che ne abbia mai avuta una.

domenica 14 febbraio 2010

Papa: amministrazione pubblica riscopra "carità"




domenica 14 febbraio 2010 14:49

ROMA (Reuters) - Papa Benedetto XVI, che oggi ha visitato uno storico ostello per i poveri gestito dalla Caritas alla stazione Termini di Roma, ha invitato oggi i responsabili delle amministrazioni pubbliche e delle istituzioni "a impegnarsi nella costruzione di un futuro degno dell'uomo", riscoprendo la "carità".
Sottolineando che il 2010 è l'anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale, Papa Ratzinger ha detto: "Desidero incoraggiare non solo i cattolici, ma ogni uomo di buona volontà, in particolare quanti hanno responsabilità nella pubblica amministrazione e nelle diverse istituzioni, ad impegnarsi nella costruzione di un futuro degno dell'uomo, riscoprendo nella carità la forza propulsiva per un autentico sviluppo e per la realizzazione di una società più giusta e fraterna".
Mentre "sembra prevalere la logica del profitto e della ricerca del proprio interesse", ha detto il Pontefice citando la sua enciclica Caritas in Veritate, la carità è invece il principio che va applicato non solo ai "rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo", ma anche delle "macro-relazioni: rapporti sociali, economici e politici".
La carità, ha aggiunto il Papa, è la virtù teologale per la quale si ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore di Dio, ma anche la disposizione naturale ad aiutare attivamente chi ne ha bisogno.