domenica 14 dicembre 2008

Economie, sviluppo, territori rurali.


Osservo il prolificare di iniziative legate alla grande distribuzione commerciale in improbabili luoghi interni della Sicilia.
Passandoci accanto in auto mi chiedo se la loro sopravvivenza sarà sostenibile.
Penso anche che la loro sostenibilità corrisponderà alla chiusura di qualche decina di piccoli commercianti che offrivano un servizio all'interno dei centri abitati.
Difficilmente saranno operazioni del tutto positive dove tutti ci guadagneranno, sicuramente il più debole ne pagherà un prezzo alto: il piccolo commerciante sarà costretto a chiudere, il piccolo consumatore (vecchi, malati, ecc.) avrà bisogno di qualcuno che lo accompagni.
Questo modello di consumo è stato importato dall'esperienza industriale, dove i lavoratori hanno poco tempo libero. In quelle realtà, di norma, le famiglie sono composte da due coniugi lavoratori e da uno, massimo due figli.
Essendo impegnati nel lavoro, e dai trasferimenti al lavoro, i lavoratori si trovano obbligati a comprare i generi di prima necessità, e non solo, presso i centri commerciali dove si trovano concentrati molteplici negozi che offrono di tutto. In questi posti è sbrigativo soddisfare i bisogni e quindi sono preferiti per lucrare tempo libero da impiegare in altre attività.
Qui da noi, in Sicilia, le realtà simili al nord Italia sono poche e concentrate in alcune zone ad alta densità lavorativa e abitativa, ben serviti dalle infrastrutture e facili da ragiungere.
Nell' entroterra la nascita di queste strutture si dovrebbe basare sul presupposto di uno sviluppo economico certo da svolgersi negli anni a venire. Quindi si baserebbe sul risultato sul grande sforzo da parte della classe politica di puntare a modelli di sviluppo socioeconomico sostenibili, condivisi e ben progettati. L'elevata offerta di lavoro che si creerebbe porrebbe le condizioni per il normale funzionamento delle strutture commerciali appena create.

Bisognava creare prima il cavallo e poi la sella. Ma non è mai troppo tardi.

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